Proviamo allora a fare ordine. A spiegare tutto passo dopo passo, con un linguaggio semplice, senza perdere il rigore delle fonti, ma mettendo al centro le persone.
PASSO 1 – Chi sono le persone coinvolte
Parliamo di:
lavoratori con disabilità riconosciuta ai sensi della Legge 104/1992
caregiver familiari, cioè chi assiste un figlio, un genitore, un coniuge o un familiare con disabilità e usufruisce dei permessi 104
Queste persone vivono una doppia responsabilità: lavorare e, allo stesso tempo, garantire cure e presenza costante a chi non può farcela da solo.
PASSO 2 – Cos’è lo smart working (lavoro agile)
Lo smart working, introdotto dalla Legge 81/2017, è una modalità di lavoro che permette di svolgere la propria attività:
senza vincoli rigidi di luogo
con una maggiore flessibilità di orari
utilizzando strumenti digitali
Durante la pandemia da Covid-19 è diventato uno strumento essenziale. Poi, con la fine dell’emergenza, molte tutele sono venute meno. Ma non tutte.
PASSO 3 – Il concetto chiave: “accomodamento ragionevole”
Secondo quanto spiegato nell’articolo del Corriere della Sera da Carlo Giacobini, esperto di diritti e consulente di Parent Project, lo smart working può rientrare nel concetto di “accomodamento ragionevole”.
Cos’è un accomodamento ragionevole?
Questo principio nasce:
dalla Direttiva Europea 2000/78
dal D.Lgs. 216/2003
dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (ratificata in Italia nel 2009)
Ed è stato rafforzato dalla recente Riforma della disabilità con il D.Lgs. 62/2024, che ha introdotto nella Legge 104 il nuovo articolo 5 bis.
PASSO 4 – Lo smart working è un accomodamento ragionevole?
Sì. E non lo dice solo il buon senso.
Lo conferma una sentenza della Corte di Cassazione (n. 605/2025), citata nell’articolo del Corriere della Sera:
L’organizzazione del lavoro, compreso il lavoro agile, rientra pienamente negli accomodamenti ragionevoli.
Questo significa una cosa molto importante:
se il datore di lavoro rifiuta lo smart working senza una motivazione concreta, può configurarsi una discriminazione
PASSO 5 – E per chi assiste un familiare con disabilità?
Qui arriva uno dei passaggi più importanti.
Secondo quanto riportato nell’articolo e spiegato da Carlo Giacobini:
la tutela anti-discriminatoria vale anche per i caregiver familiari
una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha chiarito che negare un accomodamento a un caregiver può costituire “discriminazione per associazione”
Inoltre:
il D.Lgs. 105/2022 ha modificato l’articolo 33 della Legge 104
oggi chi usufruisce dei permessi 104 ha diritto di priorità nello smart working
è vietato qualsiasi trattamento meno favorevole nei confronti di chi chiede o utilizza questi benefici
PASSO 6 – Come presentare la richiesta al datore di lavoro
La richiesta va fatta per iscritto. Questo è fondamentale.
Nella richiesta bisogna:
indicare di essere persona con disabilità o caregiver familiare
richiamare la Legge 104/1992
citare il diritto all’accomodamento ragionevole
art. 3-bis D.Lgs. 216/2003
art. 5-bis Legge 104 (D.Lgs. 62/2024)
evidenziare il diritto di priorità previsto dal D.Lgs. 105/2022
chiedere formalmente lo smart working o altre soluzioni organizzative compatibili
PASSO 7 – Cosa succede se l’azienda dice no
Il datore di lavoro non può limitarsi a dire no.
Deve:
spiegare per iscritto
dimostrare che lo smart working comporta un onere sproporzionato o eccessivo
Se non lo fa, o se la motivazione è debole:
si può ricorrere al giudice attraverso la Legge 67/2006, che tutela le persone vittime di discriminazione.
In questi casi, come sottolinea Giacobini nell’articolo del Corriere, il lavoratore è in una posizione di maggiore tutela.
PASSO 8 – Perché tutto questo è fondamentale
L’articolo di Maria Giovanna Faiella si chiude con una riflessione umana e dolorosa, affidata a Tiziana D’Auria, assistente sociale e referente del Centro Ascolto Duchenne di Parent Project.
Quando non esistono misure di conciliazione:
- uno dei genitori, spesso la madre, rinuncia al lavoro
il reddito diminuisce
l’isolamento aumenta
Lo smart working, invece, può significare:
restare nel mondo del lavoro
non dover scegliere tra dignità e cura
continuare a sentirsi persone, non solo caregiver