Smart working e Legge 104: guida semplice, passo dopo passo, per chi assiste un familiare con disabilità

L’articolo pubblicato dal Corriere della Sera e firmato da Maria Giovanna Faiella affronta uno di questi diritti fondamentali: la possibilità di accedere allo smart working per chi assiste un familiare con disabilità ai sensi della Legge 104. Un tema complesso, ricco di riferimenti normativi e sentenze, che però riguarda la quotidianità di migliaia di lavoratori.


Proviamo allora a fare ordine. A spiegare tutto passo dopo passo, con un linguaggio semplice, senza perdere il rigore delle fonti, ma mettendo al centro le persone.

PASSO 1 – Chi sono le persone coinvolte

Parliamo di:

  • lavoratori con disabilità riconosciuta ai sensi della Legge 104/1992

  • caregiver familiari, cioè chi assiste un figlio, un genitore, un coniuge o un familiare con disabilità e usufruisce dei permessi 104


Queste persone vivono una doppia responsabilità: lavorare e, allo stesso tempo, garantire cure e presenza costante a chi non può farcela da solo.

PASSO 2 – Cos’è lo smart working (lavoro agile)

Lo smart working, introdotto dalla Legge 81/2017, è una modalità di lavoro che permette di svolgere la propria attività:

  • senza vincoli rigidi di luogo

  • con una maggiore flessibilità di orari

  • utilizzando strumenti digitali


Durante la pandemia da Covid-19 è diventato uno strumento essenziale. Poi, con la fine dell’emergenza, molte tutele sono venute meno. Ma non tutte.

PASSO 3 – Il concetto chiave: “accomodamento ragionevole”

Qui entriamo nel cuore del problema.
Secondo quanto spiegato nell’articolo del Corriere della Sera da Carlo Giacobini, esperto di diritti e consulente di Parent Project, lo smart working può rientrare nel concetto di “accomodamento ragionevole”.

Cos’è un accomodamento ragionevole?

È un insieme di adattamenti e misure che il datore di lavoro deve adottare per permettere alla persona con disabilità – o a chi la assiste – di esercitare i propri diritti, senza subire discriminazioni, purché tali misure non comportino un onere sproporzionato o eccessivo.

Questo principio nasce:

  • dalla Direttiva Europea 2000/78

  • dal D.Lgs. 216/2003

  • dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (ratificata in Italia nel 2009)


Ed è stato rafforzato dalla recente Riforma della disabilità con il D.Lgs. 62/2024, che ha introdotto nella Legge 104 il nuovo articolo 5 bis.

PASSO 4 – Lo smart working è un accomodamento ragionevole?

Sì. E non lo dice solo il buon senso.

Lo conferma una sentenza della Corte di Cassazione (n. 605/2025), citata nell’articolo del Corriere della Sera:

L’organizzazione del lavoro, compreso il lavoro agile, rientra pienamente negli accomodamenti ragionevoli.

Questo significa una cosa molto importante:

  • se il datore di lavoro rifiuta lo smart working senza una motivazione concreta, può configurarsi una discriminazione

PASSO 5 – E per chi assiste un familiare con disabilità?

Qui arriva uno dei passaggi più importanti.

Secondo quanto riportato nell’articolo e spiegato da Carlo Giacobini:

  • la tutela anti-discriminatoria vale anche per i caregiver familiari

  • una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha chiarito che negare un accomodamento a un caregiver può costituire “discriminazione per associazione”

Inoltre:

  • il D.Lgs. 105/2022 ha modificato l’articolo 33 della Legge 104

  • oggi chi usufruisce dei permessi 104 ha diritto di priorità nello smart working

  • è vietato qualsiasi trattamento meno favorevole nei confronti di chi chiede o utilizza questi benefici

PASSO 6 – Come presentare la richiesta al datore di lavoro

La richiesta va fatta per iscritto. Questo è fondamentale.

Nella richiesta bisogna:

  1. indicare di essere persona con disabilità o caregiver familiare

  2. richiamare la Legge 104/1992

  3. citare il diritto all’accomodamento ragionevole

    • art. 3-bis D.Lgs. 216/2003

    • art. 5-bis Legge 104 (D.Lgs. 62/2024)

  4. evidenziare il diritto di priorità previsto dal D.Lgs. 105/2022

  5. chiedere formalmente lo smart working o altre soluzioni organizzative compatibili

PASSO 7 – Cosa succede se l’azienda dice no

Il datore di lavoro non può limitarsi a dire no.

Deve:

  • spiegare per iscritto

  • dimostrare che lo smart working comporta un onere sproporzionato o eccessivo

Se non lo fa, o se la motivazione è debole:

si può ricorrere al giudice attraverso la Legge 67/2006, che tutela le persone vittime di discriminazione.

In questi casi, come sottolinea Giacobini nell’articolo del Corriereil lavoratore è in una posizione di maggiore tutela.

PASSO 8 – Perché tutto questo è fondamentale

L’articolo di Maria Giovanna Faiella si chiude con una riflessione umana e dolorosa, affidata a Tiziana D’Auria, assistente sociale e referente del Centro Ascolto Duchenne di Parent Project.

Quando non esistono misure di conciliazione:

  • uno dei genitori, spesso la madre, rinuncia al lavoro
  • il reddito diminuisce

  • l’isolamento aumenta

Lo smart working, invece, può significare:

  • restare nel mondo del lavoro

  • non dover scegliere tra dignità e cura

  • continuare a sentirsi persone, non solo caregiver



Fonte: Corriere della Sera, Maria Giovanna Faiella.

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