«Nel sostegno c’è poca preparazione», dice senza giri di parole. Lui ha avuto fortuna: una docente preparata, una buona assistente, un dirigente attento. Ma lo ripete con lucidità: non tutte le famiglie hanno la stessa esperienza. Anzi, molte vivono ogni giorno un percorso pieno di ostacoli.
Il padre racconta ciò che tantissimi genitori sanno già:
- insegnanti di sostegno formati a metà,
ore garantite sulla carta ma ridotte nei fatti,
educatori ad personam fondamentali ma lasciati nella precarietà,
ruoli che dovrebbero essere distinti e che invece si sovrappongono.
È un quadro che fa male, perché riguarda bambini che avrebbero bisogno di un sistema solido, non di una scuola “a macchia di leopardo”. Eppure tutto sembra dipendere dalla sensibilità del dirigente, dalla buona volontà dei singoli, dalla fortuna di incontrare persone giuste.
Nel suo appello c’è una verità che vale per tutti noi: aiutare questi ragazzi a diventare autonomi non è un gesto di pietà, ma un investimento per la società.
«Perché non restino un peso costante, ma magari una risorsa», conclude questo padre.
Una frase che brucia e illumina insieme.
Una frase che dovrebbe essere il punto di partenza di ogni discussione sull’inclusione scolastica.