Una vicenda che indigna, che graffia la coscienza civile, che mostra quanto fragili siano ancora i diritti delle persone con disabilità in Italia.
Oggi vi raccontiamo la storia di Anna e di suo figlio Luigi. Storie che, solo a leggerle, aprono una ferita profonda in chi crede ancora nella dignità umana. Storie che trasformano ogni riga in un’accusa, ogni parola in un pugno sul tavolo. Questa è una di quelle storie. È la storia di Luigi, 22 anni, e di sua madre Anna. Una storia che non parla solo di barriere architettoniche, ma di barriere culturali, istituzionali, morali.
Eppure è tutta reale. E accade oggi, nel 2025, a Pomigliano d’Arco.
Un ragazzo intrappolato da quattro anni
Luigi vive al terzo piano di uno stabile IACP di via Giuseppe Campanale. Non ci sarebbe nulla di straordinario, se non fosse che il palazzo non ha un ascensore. E questo dettaglio, apparentemente banale, ha trasformato quella casa in una prigione.
Dopo un delicatissimo intervento di stabilizzazione occipito-cervicale, che ha compromesso gravemente la sua capacità di movimento, Luigi non può scendere le scale. Non può essere sollevato, trasportato, accompagnato. Ogni gradino è un rischio, un dolore, un pericolo reale documentato da referti clinici.
Il risultato è semplice, terribile, disumano: da quattro anni non mette piede fuori casa.
Quattro anni senza visite mediche regolari, senza terapie, senza passeggiate, senza amici, senza aria, senza città, senza vita.
La madre che chiede aiuto dal 2022
Anna, sua madre, ha iniziato la sua battaglia nel 2022. Ha chiesto l’installazione di un ascensore, un intervento non straordinario, non impossibile, non costoso rispetto all’impatto umano che produrrebbe. Ha bussato a tutte le porte: Comune di Pomigliano d’Arco, ACER Campania (ex IACP), Regione, Ministero delle Infrastrutture, Difensore Civico, Garante dei Disabili.
Le risposte?
Nessuna.
O meglio: silenzi, promesse non mantenute, protocolli registrati e messi in coda, rimpalli di responsabilità.
Una danza stanca e crudele della burocrazia italiana.
La domanda che Anna continua a ripetere nelle sue lettere è tanto semplice quanto devastante:
“Com’è possibile che nel 2025 un ragazzo con disabilità sia segregato in casa perché manca un ascensore?”
Nessuno, finora, ha saputo rispondere.
Una violazione dei diritti umani
Non è un’iperbole, non è un’esagerazione emotiva.
Quella di Luigi è una violazione dei diritti umani, riconosciuti dalla Costituzione e dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. L’Italia è obbligata — per legge, per impegno internazionale, per dovere morale — a garantire la rimozione delle barriere architettoniche.
Obbligata. Non “consigliata”. Non “invitata”.
Eppure proprio qui, in uno dei Paesi che amano definirsi civilizzati, un ragazzo vive un isolamento forzato che ricorda epoche che dovrebbero essere morte e sepolte.
Le barriere architettoniche non sono “solo” ostacoli fisici. Sono simboli. Simboli di quanto fragile sia ancora l’inclusione. Simboli di un’Italia che spesso lascia soli i più deboli, come se il loro destino fosse un dettaglio marginale nei faldoni impolverati degli uffici pubblici.
Una richiesta semplice ignorata da tutti
La madre chiede tre cose, tutte ragionevoli, tutte legittime:
- Un cronoprogramma certo per l’installazione dell’ascensore.
- In alternativa, l’assegnazione di un alloggio accessibile.
- Una risposta formale che possa essere mostrata a suo figlio, per non farlo vivere nell’attesa vana.
Nemmeno una di queste richieste ha ricevuto una risposta.
Nessuna data. Nessuna firma. Nessun atto. Nulla.
L’unico segnale concreto è arrivato — incredibilmente — non dall’Italia, ma dalla Comunità Europea, che ha preannunciato possibili provvedimenti. È l’Europa, ancora una volta, a ricordarci cosa dovremmo già sapere.
Il coinvolgimento del deputato Borrelli
Di fronte all’inerzia delle istituzioni locali, Anna ha deciso di rivolgersi al deputato Francesco Emilio Borrelli (Alleanza Verdi-Sinistra), noto per la sua attenzione ai diritti delle persone fragili. E la sua presa di posizione è stata netta, indignata, durissima:
Questa storia è un pugno nello stomaco per la nostra coscienza civile. Non è accettabile che nel 2025 un ragazzo con disabilità sia condannato all’isolamento per l’inerzia e la burocrazia. Interverrò immediatamente e con la massima fermezza presso ACER Campania, il Comune e la Regione. La dignità di Luigi non è negoziabile
Parole che fanno rumore. Parole che accendono una speranza.
Ma dopo anni di promesse tradite, la speranza è fragile.
E allora resta la domanda più importante di tutte: saranno seguite dai fatti?
La dignità rubata
Quello che accade a Luigi non è un episodio isolato. È lo specchio di un Paese che spesso tradisce i suoi cittadini più vulnerabili. Un Paese dove i diritti esistono solo sulla carta e si dissolvono nel labirinto delle competenze, dei timbri, dei protocolli. Un Paese dove una madre deve trasformarsi in avvocato, attivista, portavoce, guerriera, solo per permettere a suo figlio di uscire di casa.
Ogni giorno ad Anna arriva la stessa domanda:
“Mamma, domani posso uscire?”
E ogni giorno quella domanda pesa come un macigno.
Questa storia riguarda tutti noi
Raccontiamo questa vicenda su lospettrocattivo.it perché non si può rimanere in silenzio. Perché l’indignazione è una forma di responsabilità. Perché se una storia così non ci smuove, allora significa che ci siamo abituati all’ingiustizia. E questo sarebbe il fallimento più grande.
Luigi non è “un caso”.
È un simbolo.
È la voce di tutti coloro che vivono chiusi in casa non per scelta, ma per abbandono.
È la testimonianza di ciò che accade quando le istituzioni dimenticano che dietro ogni protocollo c’è un essere umano.

