Ci sono parole che, a furia di essere ripetute, rischiano di svuotarsi. Inclusione, ad esempio. Una parola nobile, potente, necessaria. Ma anche fragile, se non sostenuta da conoscenza, competenze e soprattutto relazioni autentiche. È ciò che accade spesso nel mondo del lavoro: si parla di integrazione, di opportunità, di percorsi condivisi, ma poi, nella realtà, tutto si inceppa. Perché mancano gli strumenti, perché prevale la paura del diverso, o semplicemente perché nessuno ha davvero spiegato come si costruisce una comunità in cui ogni persona possa trovare il proprio spazio.
Eppure, quando l’inclusione smette di essere un concetto astratto e diventa esperienza quotidiana, la differenza si vede. Ed è la differenza che racconta Luca Trapanese - neo eletto consigliere della regione Campania e autore del post da cui nasce questo articolo - con la naturalezza di chi l’inclusione la vive, non la insegna. Le sue parole ci portano dentro la routine di Primi Passi School, un luogo in cui i bambini crescono, ma in cui anche gli adulti, soprattutto quelli spesso considerati fragili, possono fiorire.
Qui, ogni giorno, i ragazzi del Borgo Sociale di A Ruota Libera Onlus non sono “ospiti”, non sono “presenze da gestire”, non sono il simbolo di un progetto da esibire sui social. Sono parte viva del nido. Cinque giovani che hanno trovato un modo tutto loro di abitare quello spazio: accompagnano i bambini nei momenti di passaggio, aiutano durante i pasti, leggono storie con quella calma che è un dono raro, sistemano gli spazi mettendo ordine non solo negli oggetti, ma anche nell’aria, nel clima, nelle emozioni.
Sono gesti semplici, quasi impercettibili. Ma è proprio lì, nella semplicità, che l’inclusione diventa vera. Perché non richiede effetti speciali: richiede presenza, rispetto, attenzione. Richiede che qualcuno dica: “Qui il tuo contributo conta. Qui puoi brillare.”
Luca Trapanese lo racconta senza retorica, come se fosse la cosa più naturale del mondo. E forse è proprio questo il punto: l’inclusione funziona solo quando smette di essere straordinaria. Quando non è più un progetto sperimentale, un tentativo, un atto di buona volontà, ma parte dell’identità di un luogo. Primi Passi School non “accoglie” i ragazzi con disabilità: li integra, li rende protagonisti, costruisce con loro un equilibrio in cui ognuno porta qualcosa e ognuno riceve qualcosa.
In questo intreccio quotidiano, accade un fatto sorprendente: la disabilità smette di essere una barriera e diventa un punto di partenza. Non perché ci si illuda che tutte le difficoltà scompaiano, ma perché si scopre che il lavoro può essere costruito intorno alle persone, e non il contrario. Perché si capisce che la competenza non è solo tecnica, ma anche umana: saper ascoltare, saper accogliere, saper leggere i bisogni degli altri è un talento che in molti contesti manca, mentre qui trova spazio e valore.
Mentre i bambini imparano che il mondo è fatto di diversità e che la gentilezza può avere infinite forme, anche i giovani del Borgo Sociale imparano a stare dentro un ruolo, a sentirsi utili, a crescere nella responsabilità. Si allenano alla vita. E lo fanno attraverso un lavoro vero, non simbolico. Un lavoro che richiede presenza, puntualità, impegno, cura. Un lavoro che restituisce dignità.
Ed è in questa reciprocità che il progetto rivela la sua forza: non ci sono benefattori da una parte e beneficiari dall’altra, ma solo persone che si incontrano. Persone che si riconoscono. Persone che, giorno dopo giorno, costruiscono un modo diverso di stare insieme.
Quando Trapanese scrive che “il lavoro per le persone con disabilità si può costruire davvero solo quando ci sono competenze, conoscenza e una visione capace di unire”, racconta una verità che il nostro Paese fatica ancora a comprendere. L’inclusione non nasce per caso, non si improvvisa e non si ottiene per decreto. È un processo lento, sostenuto da scelte chiare, da progetti solidi, da una cultura che vede nella fragilità non un limite ma un potenziale.
La sua testimonianza, però, ci dice anche un’altra cosa: quando l’inclusione è autentica, non serve proclamarla. La si vede negli occhi dei bambini che prendono per mano quei giovani aiutanti; nella sicurezza con cui loro stessi attraversano il nido; nella fiducia delle famiglie; nella serenità delle educatrici. È un ecosistema che funziona perché è costruito su relazioni vere.
E allora forse dovremmo partire da qui, da storie come questa, per ripensare ciò che oggi chiamiamo “inclusione lavorativa”.
Dovremmo smettere di cercare modelli complicati o formule astratte e tornare all’essenziale: un luogo in cui ognuno può avere un ruolo, sentirsi utile, crescere. Un luogo in cui si crede che il valore delle persone non sta nella loro perfezione, ma nella loro umanità.
A Primi Passi School e nel Borgo Sociale di A Ruota Libera Onlus, questa verità è già realtà. Ed è una realtà che brilla. Come le parole di Luca Trapanese. Come i gesti gentili dei ragazzi che ogni giorno rendono quel nido un posto migliore per tutti.
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